LE MIE LETTURE DI MAGGIO

Forse è stato un effetto dei due mesi trascorsi rigorosamente chiusa in casa, tant’è che maggio si è rivelato un mese interamente dedicato alla natura, alla montagna e ai cammini, in fatto di libri. In realtà non era premeditato e il percorso di lettura si è andato costruendo poco a poco, quasi come se un titolo e un autore ne richiamasse a gran voce un altro. Il mio unico contributo è stato quello di lasciarmi andare al flusso. E devo dire l’impressione è che non sia finita qui…

Robert Macfarlane
Le antiche vie
(Einaudi)
14.00€
Robert Macfarlane, camminatore seriale e narratore, percorre quindici itinerari a piedi (quasi tutti) e in barca (due) tra Inghilterra, Scozia, Palestina, Spagna e Tibet, più una bonus track dedicata alla vita di E. Thomas. Molte esplorazioni solitarie, qualcuna in compagnia di uomini di particolare rilievo (davvero poche donne in questo libro, se non qualche moglie), chi lo accompagna per un tratto, chi per tutto il cammino. Ogni capitolo racchiude in sé una storia affascinante con forti legami con il passato, che a ogni passo emerge e si intreccia al presente, e in dialogo continuo con la letteratura. Da Edward Thomas, musa ispiratrice di tanti cammini e di ognuna di queste pagine, a Robert Louis Stevenson, Nan Shepherd, Mark Twain ed Henry David Thoreau, per citarne alcuni, ma a conclusione del volume Macfarlane inserisce una bibliografia di quasi dieci pagine che vale la pena scorrere con attenzione.
Un libro per lo più appassionante e capace di destare grande interesse, anche se a tratti un po’ lento, ma un camminatore esperto sa che ogni escursione alterna momenti di grande slancio ad altri di fiacca, nei quali bisogna comunque andare avanti per raggiungere la meta finale.
Particolarmente interessanti e davvero affascinanti i capitoli Limo sulla Broomway, Acqua – Nord su Sula Sgeir, l’isola delle sule e Ghiaccio sulla kora del Minya Konka in Tibet. Ma devo dire che non mi dispiacerebbe affatto visitare la Biblioteca del Bosque di Miguel Angel Blanco, a Madrid.

Henry David Thoreau
Walden – ovvero Vita nei boschi
(Einaudi)
12€
Fin da ragazzina sento parlare di Thoreau e della sua filosofia di vita.
L’attimo fuggente, visto ancora da bambina, mi lasciò a lungo il ricordo di un bellissimo Neil Perry che, illuminato da una torcia, legge «Andai nei boschi perché […] desideravo succhiare il midollo della vita».
A tempi più recenti risale invece un altro film, altrettanto affascinante e indelebile: Into the Wild di Sean Penn, storia di Chris McCandless raccontata da Jon Krakauer e fortemente influenzata dai libri di Henry Thoreau.
Poi è arrivato Paolo Cognetti, che lo cita ogni due pagine (insieme ad altre voci più che autorevoli) e la voglia di andare a leggermelo è cresciuta sempre di più. Infine Robert Macfarlane… insomma, a metà de Le antiche vie non resistivo più, ho scritto al libraio e ho ordinato Walden!
Non sapevo bene cosa aspettarmi da questa lettura, o meglio, conoscevo la storia che c’era dietro, ma non avevo idea del tipo di scrittura cui sarei andata incontro. Amico e seguace di Ralph Waldo Emerson (fondatore del Trascendentalismo), Thoreau è stato un filosofo, scrittore e poeta dell’800 e in questo libro espone buona parte delle sue idee sulla società, la politica e la vita dell’uomo, intervallandole con lunghe sessioni di osservazione della natura con occhio non proprio scientifico, ma certamente molto attento e meticoloso. C’è dunque molta filosofia tra queste pagine, la prosa è intrisa di poesia e seppur parte delle idee siano facilmente classificabili come estremiste, sorpassate e sovversive, è incredibile la forza delle sue parole. Certo, come sempre è opportuno immergersi nel suo contesto spazio-temporale: siamo in una cittadina del Massachussets, della metà dell’800.
Interessante anche quanto sottolinea lo stesso Cognetti nell’introduzione all’edizione di Einaudi: Thoreau non fugge lontano dalla società, non va a fare l’eremita (come siamo tentati di credere grazie al mito che si è creato intorno alla sua persona), ma cerca un luogo appartato vicino alla città. Il lago Walden, dove costruisce la sua capanna, si trova ad appena 2 miglia dalla cittadina di Concord, dove vive la sua famiglia, i suoi amici e dove si reca con regolarità. Per dirla sempre con le parole di Cognetti, «la sua solitudine è relativa» e soprattutto, aggiungo io, limitata nel tempo: rimarrà infatti nei boschi per 2 anni, 2 mesi e 2 giorni.
Un libro che ha richiesto un certo impegno, soprattutto a tenere a bada la tentazione di correre e saltare pagine. Il linguaggio, i pensieri e la sua stessa natura richiedono di essere presi con calma, magari anche a piccole dosi per volta, ma senza la foga di arrivare in fondo. Una lettura impegnativa dunque, ma per tanti versi illuminante. Non da prendere alla lettera, a mio avviso (Thoreau di base è un cinico e direi anche un misantropo, inoltre il suo modo di ribellarsi alla società per tanti versi è discutibile, come la sua avversione per le tasse, che di fatto non paga), ma da rielaborare e da tenere sempre con sé.
Parallelamente a Thoreau ho voluto riprendere in mano proprio Paolo Cognetti e in particolare due libri che avevo ovviamente già letto e amato profondamente, ma che ora ho potuto rivalutare con occhi completamente nuovi: Le otto montagne e Il ragazzo selvatico.

De Le otto montagne (Einaudi) scrissi già parecchio un paio di anni fa, ma una rilettura porta inevitabilmente nuove riflessioni e nuove scoperte. Direi anche nuove lacrime! Anche questa volta è stato impossibile resistere alla commozione. La ricerca spasmodica e spesso inconsapevole, da parte di Pietro, dell’amore di un padre mentalmente o fisicamente assente tocca corde molto profonde che difficilmente lascia indifferenti. Così come l’amicizia fraterna con Bruno, che non ha bisogno di grandi parole per rimanere viva e funge anzi da ancora a cui afferrarsi e risalire a galla ogni volta che i pensieri, la vita, la propria ricerca interiore prende troppo il sopravvento e rischia di far perdere la strada di casa a uno dei due. Il libro è ricco di simboli come questo, dalle montagne da scalare, il ghiacciaio e i suoi strati di neve vecchia, la casa costruita a quattro mani che cresce insieme all’amicizia ritrovata, il torrente…

Il ragazzo selvatico (Terre di mezzo) l’avevo letto appena uscito, conoscevo ancora pochissimo Cognetti (avevo letto solo Sofia si veste sempre di nero) e quasi per niente tutti i riferimenti culturali (letterari e non solo) che cita tra le pagine. Era appena nato il mio amore per la montagna e, anche se all’epoca vivere in città era per me ancora una conquista cui ero giunta dopo anni di lotta, quel ritiro in baita a 2000 m mi ha definitivamente fatta innamorare dell’autore.
Il Quaderno di montagna, come definito in copertina, è una lettura molto piacevole, una sorta di diario o resoconto della lunga estate che Cognetti visse lontano dalla città, in zona di alpeggio prima, poi in alta montagna in rifugio, non lontano da tutti (proprio come Thoreau) ma da molti. Ricordavo che qui sono gettate le basi de Le otto montagne, ma rileggendolo così a stretto giro ho potuto cogliere quanto ciò sia vero. Anzi, di più: sembra proprio di avere tra le mani una sorta di diario propedeutico al romanzo che lo ha portato tra gli scaffali di mezzo mondo. Ambientazioni, atmosfere, tradizioni, parole… tutto torna e i personaggi si vanno costruendosi pagina per pagina. Persino il nome, Pietro, trova una sua collocazione: patrono degli alpeggi. E ovviamente, quanto Thoreau anche qui: la solitudine, la natura, la baita (la capanna), persino il lago. Ma come accennavo, i riferimenti letterari sono vari e in questi anni devo aver inconsapevolmente colmato una parte delle lacune che avevo all’epoca della prima lettura: Mario Rigoni Stern in primis, Primo Levi con Il sistema periodico e Antonia Pozzi. Per i primi due devo ringraziare Marina di Internostorie che senza saperlo mi ha aperto un mondo meraviglioso!
Insomma, non so se rileggete mai un libro. Io qualche volta sì e ogni rilettura riesce sempre a regalarmi uno spessore nuovo, con le sue emozioni, le sue riflessioni. Ve lo consiglio.
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