LE MIE LETTURE DI MAGGIO

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Maggio ha portato con sè tanta pioggia, ma anche tante letture. In queste settimane ho viaggiato molto, sempre attraverso le pagine dei libri… il mio viaggio preferito! Dal Giappone al Cile, dall’Aquila all’Illinois.

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Igort
Quaderni giapponesi. Un viaggio nell’impero dei segni
(Coconino Press)
19.00€

Come spesso mi capita con i fumetti, era da tempo che volevo leggere questo libro e finalmente mi sono decisa, dopo aver visto il documentario Manga Do. Igort e la via del manga di Domenico Distilo. Il film in realtà ripercorre le varie fasi della realizzazione del secondo volume di Quaderni giapponesi, scritto e disegnato in occasione di un viaggio più recente nella terra del Sol Levante.
Il primo volume raccoglie invece una serie di impressioni, racconti, emozioni e storie collezionate durante diversi soggiorni in Giappone, nel corso di svariati anni. Sfogliando il libro si ha l’impressione di avere tra le mani un vero e proprio carnet di viaggio, uno dei taccuini Muji che l’artista porta sempre con sé, fitto fitto di disegni, acquerelli e appunti. Il racconto appare infatti frammentato e in qua e in là integrato da approfondimenti su determinati argomenti della cultura millenaria giapponese. Tra questi troviamo anche pagine dedicate ad alcuni personaggi di particolare rilievo, da Hayao Miyazaki a Jirō Taniguchi o Sada Abe, delineati con poche tavole e con grandissima grazia.

Un fumetto da gustare con calma, una pagina per volta, per assicurarsi di non aver tralasciato nessun dettaglio e aver assaporato con la giusta attenzione ogni sensazione. Forse anche un fumetto da tenere a portata di mano, per poterlo rileggere ogni tanto, o anche solo consultare,  e ritrovare così le atmosfere di quel Giappone che tanto affascina.

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Elizabeth Strout
Tutto è possibile
(Einaudi)
12.00€
Elizabeth Strout scrive una sorta di proseguimento di Mi chiamo Lucy Barton raccontando da vicino le storie dei personaggi che popolano i ricordi di Lucy bloccata in un letto di ospedale, nel libro precedente.
Usciamo dalla grande città americana, per immergerci nell’ormai tanto narrata periferia, oserei quasi dire un tantino abusata. Interessanti e anche affascinanti le ambientazioni di campagna, desolate, depresse, ma ormai il concetto è arrivato, anche chiaro, e personalmente vorrei andare oltre. Concedo ancora tanta periferia a Carver e a D’Ambrosio perché sono arrivati prima di questa moda e soprattutto perché sono a dir poco maestri nel descrivercela e farcela vivere. Adoro Kent Haruf e vorrei che ci fossero ancora tonnellate di suoi libri da tradurre all’italiano, ma anche lui ne ha scritto prima che la campagna statunitense diventasse un tormentone.
Detto questo, i personaggi di Elizabeth Strout sono quelli tipici della provincia, arrivati, senza grandi aspettative, spesso soli, scontenti e abbruttiti dal lavoro e/o dalla desolazione. Lucy Barton rimane la protagonista dei suoi racconti (che non sono propriamente racconti, ma non abbiamo tra le mani nemmeno un romanzo vero e proprio) o meglio ne è il filo conduttore. Tutti ricordano la ragazza poverissima, solitaria e studiosa, che è riuscita a fuggire da quella realtà e dalla famiglia non in grado di prendersi cura di tre figli, per andare a fare fortuna a New York. Chi se la ricorda con tenerezza, chi con stupore, chi quasi con invidia. Ma Lucy Barton è lontana, non si fa vedere da tantissimi anni, fin quando all’improvviso decide di tornare a salutare i fratelli, rimasti nello squallore delle loro vite di paese e si rivela per quello che è. Anche lei schiava del suo passato, anche lei incasinata all’inverosimile.
Le vite di ognuno dei personaggi rimangono uguali, stabili, non avviene nessuna trasformazione, le speranze sono destinate a rimanere tali.
Un libro scorrevole, che sonda gli animi umani, parla di sofferenza, ma che non è riuscito ad arrivarmi dritto al cuore come avrei voluto.
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Pedro Lemebel
Di perle e cicatrici
(Edicola Ediciones)
18.00€

Pedro Lemebel è stato uno scrittore e artista cileno, noto per la critica tagliente al totalitarismo.

Di perle e cicatrici raccoglie settanta cronache radiofoniche, scritte per il programma Cancionero di Radio Tierra, un’emittente indipendente di Santiago del Cile.
Il racconto affonda le radici negli anni più bui, per poi tracciare  un ritratto schietto, senza veli, di un Cile uscito da poco dalla dittatura di Pinochet. La rinnovata democrazia mostra chiari i tratti liberal-capitalistici che possiamo riconoscere anche nella nostra stessa realtà di ogni giorno, ma la penna estremamente lucida di Lemebel non si piega neppure davanti a questi e li denuncia apertamente, con la sua critica amara, dura, ma al tempo stesso incisiva.

Una raccolta potente di brevi ritratti e racconti, sconcertanti, in molti casi addirittura agghiaccianti. Dolorosamente attuale quando parla di democrazia malata o della falsità del consumismo contemporaneo, ovviamente quando parla di dittatura fascista, ma anche semplicemente quando parla di donne, spesso maltrattate, manipolate o, peggio ancora, brutalmente violentate: Carmen Gloria Quintana, Claudia Victoria Poblete Hlaczik, Karin Eitel, per nominarne alcune. Inutile poi dire che ne Il branco ho ritrovato tantissime, troppe, delle notizie di femminicidio che affollano i nostri giornali, macchiate dell’indifferenza dei più.

La prosa di Lemebel è magnetica, fortemente evocativa… oserei dire assolutamente unica nella sua grandiosa creatività linguistica. E proprio per questo un’ultima nota di merito la dedico alla traduttrice Silvia Farloni che è riuscita perfettamente in un’impresa per niente semplice.

Un libro che mi sento di consigliare, per svegliarci da un certo torpore, per riflettere, per incazzarci ancora di più davanti a ciò che sta avvenendo sotto ai nostri stessi occhi e fermare l’orrore finché siamo in tempo.

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Francesca Maccani
Fiori senza destino
(SEM)
15.00€

Un altro libro-denuncia, ma questa volta si gioca in casa.
Italia, Palermo, Cep, Centro Edilizia Popolare. Disoccupazione, abbandono e criminalità viaggiano a braccetto, lontano dal centro della città, lontano dagli occhi di chi può permettersi le scarpe firmate e i libri di scuola.

«Noi del Cep non ci mischiamo con quelli della città. Là vivono diversi da noi. Là ci stanno quelli ricchi. Qui invece siamo tutti uguali, soldi non ce n’è per nessuno e tutti fanno a gara a chi è più svelto.»

Un libro corale, a tratti non particolarmente organico nella sua struttura e nella macro-storia, ma poco importa, perché il messaggio è chiaro e forte e prende il sopravvento sul resto.

Sono i ragazzi a parlare, a raccontare ognuno la propria storia; a far da cornice i pensieri della loro insegnante di italiano che, appena arrivata da Trento, fatica ad ambientarsi e a non lasciarsi travolgere dalle emozioni che questa realtà così carica di umanità e al tempo stesso così disumana scatena in lei.
C’è Rosy, con un ritardo mentale, che viene mandata in casa famiglia, Sciaron, bulla e strappacuori, che pare abbia subito diverse violenze sessuali fin da piccola, Gaetano, un padre in galera, la madre prostituta e arrogante, mentre lui si fa accalappiare dalla mafia, Luigi che la notte i genitori portano a gare clandestine di cavalli e Milo, una sorella morta per strada, lui bravissimo a scuola. Le loro storie si compongono un capitolo dopo l’altro, creando il puzzle drammatico di un quartiere ferito e poi abbandonato.
Ma violenza, solitudine, malavita si respirano innanzitutto tra le mura domestiche: padri pregiudicati, madri prostitute, figli abbandonati a se stessi o difesi/attaccati a suon di minacce. Infanzie deprivate di cibo, giochi, ma anche e soprattutto di affetto.

Nei racconti di questi ragazzini non è difficile rivedere certe immagini di Dogman di Matteo Garrone, ma anche del film L’intrusa di Leonardo di Costanzo, che certo, non sono ambientati in Sicilia, ma povertà e disperazione non cambiano mai lingua, purtroppo.

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Donatella Di Pietrantonio
Bella mia
(Einaudi)
12.00€

Dopo L’Arminuta, Donatella Di Pietrantonio si sofferma su L’Aquila, all’indomani dal terremoto del 2009. La città e i suoi abitanti provano a tiare su i cocci delle loro vite irrimediabilmente spezzate dal sisma, tra loro anche Caterina, sua madre e il nipote, che condividono la casetta loro assegnata, ognuno alle prese con il proprio dolore, la propria perdita e il proprio bisogno di spazio.
L’attesa invana di una ricostruzione del centro storico rispecchia appieno la ricostruzione cui nessuno di loro riesce a dare inizio dentro di sé, della propria vita e del proprio futuro.

Un libro doloroso, che ti rapisce l’anima fin dalle prime pagine e dal quale non riesci a staccarti fino alla parola fine. Ma anche dopo aver voltato l’ultima pagina i suoi personaggi ti accompagnano per giorni, con le loro angosce e il loro bisogno di ricominciare.
Donatella Di Pietrantonio riconferma la sua grandissima capacità introspettiva, il suo talento a sviscerare, ma anche suscitare emozioni forti. Le donne raccontate dalla sua penna sono determinate, occupano un loro spazio ben preciso e riescono a risorgere dalle loro stesse ceneri.

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