LE MIE LETTURE NOVEMBRINE
L’autunno ha portato con sé un po’ di tempo per leggere in santa pace, nei ritagli di tempo, la sera a letto, in pausa pranzo… e tra un libro e l’altro io volo dall’Islanda al Nepal, alle Alpi.
Storia di Ásta
(Iperborea)
19.50 €
Un paio di anni fa avevo conosciuto Stefánsson con I pesci non hanno gambe e con Grande come l’universo, di cui vevo apprezzato particolarmente il primo e un po’ meno il secondo, però pensavo di essere già a posto così con i suoi libri e non mi era più venuta voglia di approfondire con ulteriori letture. Poi alla fine di quest’estate è uscito Storia di Ásta, con la sua copertina meravigliosa (come sempre per Iperborea), e hanno cominciato a parlamene tutti più che bene e non ho saputo resistere. Che dire: per fortuna!
La voce corale di Stefansson, che avevo già conosciuto negli altri due libri, torna anche qui, mostrandoci l’Islanda da angolazioni diverse. In particolare è la vita di Ásta che ci viene raccontata, in tre epoche lontane tra loro, ognuna carica di emozioni e dolore: dall’adolescente relegata nei fiordi dell’Ovest per tutta un’estate, alla giovane studentessa volata a Vienna, lontana dalla famiglia, e infine l’anziana abbandonata dall’amore della sua vita. Pagina dopo pagina veniamo a conoscenza della sua storia, degli intrecci e dei vari personaggi che le girano intorno. Conosciuamo così Sigvaldi e Helga, ma anche Jósef e Kristín. Tra tutte queste esistenze si insinua anche quella del narratore, che arriva un po’ inaspettatamente e pare non essere del tutto estraneo al racconto. Una scelta bizzarra, mi viene quasi da dire, che arriva quasi turbare la privacy dei personaggi.
Dicevo che ci sono tante emozioni e tanto dolore tra queste pagine: ogni felicità promessa finisce infatti per svanire in un soffio, lasciando dietro di sé solo ricordi, rimorsi e solitudine. Ma a supplire alla tristezza troviamo la poesia, di cui i personaggi stessi sembrano essere fatti: quasi tutti scrivono versi e tutti li leggono, nessuno escluso. Oramai è risaputo che gli Islandesi sono degli ottimi lettori onnivori, ma mi chiedo quanto qui ci sia di Stefánsson, che la poesia ce la fa assaporare con grandissimo talento attraverso la sua stessa prosa.
→ consiglio spassionato: se avete voglia di una di quelle storie che non vi lasciano più, correte a comprare Storia di Ásta!
Paolo Cognetti
Senza mai arrivare in cima
(Einaudi)
14.00 €
Non vi stupirete certo se vi dico che appena ho scoperto che Einaudi stava per pubblicare un nuovo libro di Cognetti ho fatto i salti di gioia! Quando ho poi scoperto che parlava del suo viaggio nel Dolpo, ho cominciato il conto alla rovescia.
La prima sorpresa l’ho avuta quando, corsa in libreria, ho preso tra le mani il libretto (perché appunto di libretto di tratta): copertina rigida, sovracoperta e appena 110 pagine per la modica cifra di 14.00 euro. Ma al di là di una pura questione economica, ammetto che il libro in sé non mi ha convinta.
Un diario di viaggio scorrevole e carino a leggersi, bellissimo immaginarsi i luoghi fantastici che Cognetti e la sua compagnia devono aver attraversato durante il mese di trekking nel Dolpo, ma niente di più. Il racconto in sé mi è parso più abbozzato che altro, una sommaria rielaborazione del diario vero e proprio che l’autore si portava dietro, senza però costruirci sopra un racconto narrativo che dir si voglia. I momenti descritti non vanno al di là di semplici attimi, tracciati con pochissime linee, senza approfondire personaggi, emozioni, senza collegamento tra una pagina e l’altra. Si accenna brevemente all’amicizia con Remigio e quella con Nicola, si nomina Sete, ma nessuno di questi compare veramente se non per pochi istanti… sì, un cahier de voyage, come l’ho visto definire da qualche parte, che forse avrebbe avuto più senso pubblicare come tale, in un’edizione apposita, più spartana e più economica.
Qua e là il racconto è poi infarcito di pensieri filosofico-mistici, dettati forse dall’ambientazione nepalese, ma che finiscono per essere le classiche considerazioni superficiali e fricchettone tipiche di chi, da Occidente, guarda le filosofie orientali, senza realmente conoscerle. Non so, a me ha ricordato molto la mia fissazione per Siddharta di Hermann Hesse, che però (per fortuna, mi viene da dire) è rimasta relegata ai miei 16 anni.
Un ultimo accenno ai disegni che arricchiscono certamente il pacchetto, schizzi a penna teoricamente presi sul luogo da Cognetti stesso, come ricorda più volte tra le pagine del libro. Molto belli e gradevoli, per dare un volto ai luoghi narrati e creare un’atmosfera consona ai diari di viaggio che, per antonomasia, richiamano i tempi andati.
→ consiglio spassionato n.2: recuperate (anche in biblioteca) «Meridiani Montagne Himalaya Dolpo» n. 90, di gennaio 2018. C’è un lunghissimo speciale dedicato al viaggio di Cognetti nel Dolpo, con le splendide fotografie di Stefano Torrione e alcune pagine del diario vero e proprio dello scrittore.
Mario Rigoni Stern
Il bosco degli urogalli
(Einaudi)
10.00 €
Quest’estate mi ero finalmente decisa a leggere Mario Rigoni Stern, iniziando da Stagioni e per novembre ho invece scelto uno dei suoi grandi classici, Il bosco degli urogalli.
Una raccolta di racconti, alcuni brevissimi, altri più lunghetti, ma tutti molto scorrevoli e dall’atmosfera assolutamente magica. Parlando di bosco, Rigoni Stern non può esimersi di parlare di caccia che, si capisce bene tra le sue pagine, deve aver rappresentato un forte elemento identitario nella cultura montanara nella quale ha vissuto quasi tutta la vita, fatta eccezione per il periodo di guerra. Come già scrissi quest’estate, personalmente non sono certo un’amante della caccia: andando in montagna a camminare mi capita di incontrare battute di uomini e cani intenti a stanare cinghiali e altra selvaggina e devo dire che ogni volta rabbrividisco… di spavento e di rabbia. Capisco tuttavia che ogni cosa vada inserita in un suo contesto e non ha senso estrapolarla, per poi giudicarla. Con questo atteggiamente mi approccio dunque alle pagine di caccia di Rigoni Stern e riesco così a cogliere quanto di emozionale e di poetico ci sia dietro a una tradizione così radicata e sentita. L’attesa, la notte prima dell’apertura della stagione ha risvegliato in me tantissimi ricordi, non di caccia, ma di partenze imminenti. Quel misto di aspettativa, agitazione e felicità che mi ha tenuta sveglia e in fibrillazione più di una volta nella vita.
Ma il mio è anche un approccio quasi antropologico, che in quei racconti si sofferma sui dettagli di questa tradizione: una tradizione prettamente maschile, che va a definire ancora una volta la separazione netta tra il mondo femminile (che rimane a casa, al caldo, con i figli ancora troppo piccoli per unirsi ai padre) e quello maschile (che parte nel mezzo della notte con il fucile e qualche pezzo di formaggio per il pranzo). Ma non c’è solo questo, le descrizioni degli appostamenti, delle predi che si nascondono e poi vengono stanate dai cani, il bosco stesso che sembra respirare sopra agli uomoni e agli animali che lo popolano… sono talmente vere che sembra di poter sentire persino il profumo della resina degli alberi.
→ Tra i miei racconti preferiti:
Incontro in Polonia, si parla della guerra e della sua assurdità.
«- Chi ritornerà di quanti siamo su questo treno? Quanti compaesani uccideremo? E perché? –
Giacché al mondo siamo tutti paesani».
Esame di concorso, che parla di un impiegato comunale che partecipa a un concorso pubblico per ottenere una promozione. Un’ambientazione particolare per Rigoni Stern, cittadina, che tocca temi, mi viene da dire, più tipici di Buzzati che non suoi.
La vigilia della caccia, per assaporare tutta la tensione che accompagna l’attesa.
Dino Buzzati
La famosa invasioni degli orsi in Sicilia
(Mondadori)
20.00 €
Dopo aver letto decisamente troppo presto Il deserto dei Tartari ho snobbato Dino Buzzati fino a un mesetto fa. Ogni volta che lo sentivo nominare, immaginavo racconti noiosi e pesanti e proprio non mi andava di ritentare la sorte. Poi per fortuna una mattina mi sono alzata e ho deciso che sarei andata in biblioteca a recuperare un po’ di libri per fare un tentativo… al massimo mi sarei fermata dopo poche pagine e sarei passata ad altro. E così apro Bestiario, una raccolta di diversi racconti in cui compaiono vari animali, e vedo che alcune delle storie sono brevissime e ne inizio subito una, scoprendola divertentissima e tutt’altro che lenta. Terminata una ne leggo un’altra e poi ancora una. Non contenta scrivo a mia sorella e le chiedo di darmi qualche consiglio, lei che adora Buzzati da sempre e mi risponde con una sbrodolata di titoli che, pian piano vado a cercare e divoro tutto.
Dopo aver letto in qua e in là le raccolte, mi cade l’occhio su questo breve romanzo illustrato dallo stesso Buzzati e così mi ritrovo immersa in una lettura fantastica in cui orsi e uomini combattono, discorrono e si fanno i dispetti, per poi finire a condividere vizi (per lo più degli uomini) e virtù (quasi esclusivamente appannaggio degli orsi).
Originariamente pubblicato a puntate sul «Corriere dei Piccoli» nel 1945, si tratta di un romanzo per bambini e, attraverso una serie di personaggi delle fiabe (animali parlanti, maghi, re e granduca), parla in modo ovviamente critico della corruzione della società dell’epoca… ma anche di quella odierna! La purezza e l’innocenza della natura è dunque in costante pericolo davanti alla cattiveria e alla mancanza di valori degli uomini, al punto che anche gli orsi, venendone a contatto, non posso fare altro che venire contagiati.
È questa una favola dalla morale piuttosto esplicita, accompagnata da illustrazioni molto dettagliate e curate, nonostante la critica sia sempre stata tiepida su Buzzati disegnatore. Un libro da leggere con i bambini e perdersi con loro tra le tavole alla ricerca di particolari minuziosi.
→ A novembre, di Dino Buzzati, ho sleggiucchiato anche i Sessanta Racconti, preparando la serata de la Sere vi legge a lui dedicata. Una selezione fatta da Buzzati stesso dei suoi racconti migliori, uscita nel 1958 e con cui vinse il Premio Strega.
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