IL MIO 2018 DI LETTURE
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Una parte dei libri letti nel 2018 |
Niente classifica per questo 2018… ci sono annate in cui farei fatica a nominare 3 titoli imperdibili e altre, come questa, in cui mi sono passate tra le mani pagine e pagine decisamente di grande valore. Quindi niente top qualche cosa, ma una panoramica e un sunto di dodici mesi di letture.
Un anno positivo, dunque, costellato di tante belle scoperte, alcune conferme e poche delusioni. Molti italiani, pochi americani e tante tappe straniere più o meno comuni (grazie anche al mitico gruppo di lettura La confraternita dei lettori che ci ha portati in giro per il mondo). Siete pronti per i numeri?
Tra gli autori italiani, troviamo alcune vecchie passioni e persino una rilettura. A inizio anno avevo infatti rispolverato Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani, letto chissà quanti anni fa, amato già a suo tempo, ma poi dimenticato: Ferrara, la nebbia, la prosa semplice e al tempo stesso così carica, l’Italia a cavallo della metà del ‘900. Sempre tra gli italiani, qualche libro poco impegnativo, una raccolta a cura di Paolo Nori (perché non posso mica resistere per tutto un anno senza ridere sotto ai baffi), ma anche un suo discorso, Esattamente il contrario, drammaticamente stupendo, che ha pronunciato a Cracovia in occasione di un viaggio ad Auschwitz con gli studenti di Carpi. Infine ho letto alcune novità, non tanto di pubblicazione, ma mie di lettura, che a modo loro sono riuscite tutte a colpirmi. Quest’estate ho amato particolarmente A misura d’uomo di Roberto Camurri (di cui ho letto un brano anche durante una delle serate de La Sere vi legge, alla Confraternita dell’uva), ma anche L’estate muore giovane di Mirko Sabatino e L’arminuta di Donatella Di Pietrantonio. L’anno si è invece concluso con altri due italiani: un altro classico, Cesare Pavese (La luna e i falò), e Marco Balzano con il suo Resto qui, finalista al Premio Strega e a quanto pare favorito. Una bella lettura, scorrevole e interessante l’argomento che disconoscevo quasi completamente. Peccato solo la prosa, un po’ troppo semplice e con poca personalità, che spesso si risolve in una successione pressoché ininterrotta di soggetto, verbo e complemento oggetto.
Dicevo però che non sono “rimasta in Italia” tutto l’anno, al contrario, ho viaggiato molto: da luoghi più comuni, come Stati Uniti, Francia, Spagna e Russia, a località più esotiche, quali Nigeria e Argentina. Grazie a una bella presentazione con l’autore qui a Bologna, ho conosciuto Igoni Barrett, di cui ho letto il suo primo romanzo Culo nero, sarcastico, ironico e particolarmente godibile. E sempre a Lagos è ambientato Americanah di Chimamanda Ngozi Adiche che ho letteralmente divorato e di cui ho amato la sagacia e la schiettezza… spero di riuscire a concedermi presto un altro suo libro.
Un altro grande amore è stato Patria di Fernando Aramburu, una grande storia familiare immersa nella questione basca, di cui ho parlato a mari e monti, convincendo tanti a leggere a loro volta. L’anno si era poi aperto con una lettura incredibile, che avevo tanto snobbato tanto quanto poi mi è piaciuta, La ferrovia sotterranea di Colson Whitehead. Una di quelle storie che ti fanno urlare (almeno interiormente) di rabbia, ti fanno piangere e sperare, una storia in cui trovare tantissimi spunti di riflessione sul presente, benché sia ambientata nell’800. Rimanendo in America, ho ritrovato con immenso piacere Kent Haruf, ai suoi albori, con Vincoli o meglio con The Tie That Binds, visto che l’ho letto in lingua originale. Adorata la trilogia, in particolare i primi due in ordine cronologico, dalla prosa più ricca e completa, qui sono andata a nozze, con la grandissima attenzione alle descrizioni che l’autore si concede. Nella versione in lingua ho poi potuto notare i diversi registri usati dall’autore, che fa parlare i suoi personaggi (in particolare alcuni) con un inglese sporco, sgrammaticato e colloquiale, mentre la narrazione scorre liscia e pulita. Ancora due fratelli (uomo e donna), la dura vita della campagna, una famiglia non particolarmente moderna, ai margini di Holt e della società stessa, ma legati ad essa da tanti fili sottili che appaiono indissolubili. Tre generazioni di vicini di casa speciali, che con l’affetto, a volte un po’ goffo, e anche solo la propria presenza riescono a dare una direzione meno cupa a un’esistenza altrimenti piuttosto grama, quella di Edith Goodnough. Un libro che scorre veloce e che vorresti che non finisse mai. Kent Haruf è riuscito di nuovo a rapirmi il cuore con quell’umanità che già conoscevo e ancor più c’è riuscito Sanders Roscoe, di cui mi sono irrimediabilmente innamorata!
Altrettanto coinvolgente è poi Storia di Ásta dell’islandese Jón Kalman Stefánsonn, anche in questo caso un autore che conoscevo già, che mi era piaciuto, ma senza lasciarmi a bocca aperta. Un racconto quasi epico che abbraccia una vita intera, quella della protagonista, con accenni a epoche ancora più lontane. Un libro complesso, con una struttura a puzzle, che riesce a catturarti in un turbine di emozioni.
Ovviamente c’è però stata anche qualche piccola delusione, qualche lettura che non mi ha lasciato molto o comunque meno di quanto mi aspettassi. C’è Blanket di Craig Thomson, un fumetto cui avevo messo gli occhi sopra da mesi, grazie anche alla copertina e ai disegni davvero incredibili, che poi ho letto in un paio di ore senza emozionarmi. Poi ci sono Mi chiamo Lucy Barton di Elizabeth Strout e Senza mai arrivare in cima di Paolo Cognetti, da cui mi aspettavo grandi cose e invece…
Infine Non stancarti di andare di Teresa Radice e Stefano Turconi, un altro fumetto che so che è piaciuto a tanti, forse a tutti (c’è chi lo mette tra la sua terna dei preferiti!), ma che io ho trovato sdolcinato e fastidioso nei testi, nonostante i disegni siano a dir poco meravigliosi, al punto che avrei preferito si trattasse di un silent book.
Oltre che tra le pagine dei romanzi, grazie a Iperborea ho viaggiato anche a bordo di The Passenger che per ora mi ha portata in Islanda e in Giappone… e, cari editori, sappiate che sono già pronta per la prossima tappa!
Poi ci sono loro, i racconti, cui quest’anno mi sono dedicata con tantissima energia e mi hanno regalato gioie davvero inaspettate. Dai Racconti di montagna, uno più bello dell’altro, a Salinger, il mio oramai secondo amore platonico Federico Falco, Bulgakov, Elvis Malaj, Dino Buzzati – finalmente ho messo da parte il mio snobbismo e ho scoperto quanto sono godibili le sue storie sarcastiche – e infine Mario Rigoni Stern, finalmente! Più tutti quelli che ho sleggiucchiato in qua e in là senza portare a termine, in preparazione delle serate di letture e per semplice curiosità. Insomma, un nuovo amore che ho in programma di portare avanti, viste le scorte che ho già accumulato.
Detto tutto questo, vi lascio un altro po’ di numeri:
Se poi avete ancora voglia di curiosare tra le mie letture del 2018, le trovate tutte su Goodbooks e nel frattempo, buona fine anno!
Il prossimo sarà quasi un silent book 😉
(spiacente per i testi fastidiosi, ma abbiamo lasciato parlare l'urgenza e ci è parso giusto così)
Piacere, sono Rainy!
Una lista davvero ammirevole e per altro abbiamo alcuni libri in comune quest'anno ahah
Curiosissima del vostro prossimo libro! 🙂
Come ho scritto altrove, la storia è a dir poco enconiabile e l'urgenza di comunicare tematiche così attuali è palpabile. Bravissimi! Personalmente non mi sono sentita in sintonia con la prosa… ma è un mio personalissimo sentire, niente da togliere al vostro libro. 🙂
Ciao Rainy! Ma pensa… che piacere condividere belle letture!