LA FERROVIA SOTTERRANEA

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Scheda del libro

TITOLO: La ferrovia sotterranea
AUTORE: Colson Whitehead
EDITORE: Edizioni Sur
ANNO: 2017
PAESE: Stati Uniti
TRAMA: Nella prima metà dell’800 la giovane schiava nera Cora decide di tentare la fuga dalla piantagione di cotone della Georgia in cui vive. Il percorso verso la libertà è lungo e i pericoli si nascondono dietro a ogni angolo; lungo il cammino incontrerà tanti nemici, ma per fortuna anche qualche amico.

Le mie riflessioni

È sempre una grande responsabilità scegliere il libro da portarsi in vacanza. Se poi non ti piace? O se lo finisci troppo presto? Se invece ti piace, ma non trovi il tempo di leggere? O se (possibilità non troppo remota, vista la mia fama) ti ammali e sei costretto a letto per 3 giorni, da solo in albergo? Personalmente cerco sempre di ovviare al problema, portando con me altri due o tre libri, così sono più o meno sicura di non rimanere spiazzata dalle sorprese. Quest’anno a Natale avevo anche il Kindle, carico di valide alternative in caso di influenza, ma il libro principale, quello che ho aperto non appena salita in treno, era La ferrovia sotterranea, di cui sento parlare da qualche mese, tra pareri discordi e dal quale io non mi aspettavo proprio niente di buono. Non so neanch’io perché… forse per snobbismo, forse perché la trama non mi sembrava accattivante e forse ancora per quella ferrovia fantastica, che sapeva un po’ di fantasy. Insomma, ho iniziato a leggere il libro di Colson Whitehead con grande titubanza e arrivata a Bolzano avevo già passato pagina 100.

Le mie vacanze, fatta eccezione per quando mi ammalo e rimango veramente bloccata a letto per X giorni, da sola in hotel, sono solitamente pienissime di programmi e mi lasciano ben poco tempo per i miei amati libri. Anche in questo caso la montagna mi ha tenuta occupata ogni giorno con ciaspolate e passeggiate, qualche sauna e nuovi amici, ma nonostante questo sono stata letteralmente risucchiata dalle avventure di Cora, in fuga verso la libertà… libertà che dovrebbe essere un diritto fondamentale di ognuno di noi, ma che in queste pagine ci si rende conto essere appannaggio solo di alcuni.

Cora è una schiava di origine africana, costretta a lavorare nella piantagione di cotone dei Randall. Le condizioni di lavoro e di vita di lei come del resto degli schiavi sono tremende, come ci si può facilmente immaginare, ma sono peggiorate ancor più dalla crudeltà assolutamente gratuita delle punizioni dei padroni e di chi opera per loro in veste di controllori e capi. Frustate, acqua al peperoncino sulle ferite, percosse pesanti, catene e tanto altro sono le torture che gli abitanti della piantagione si trovano a dover affrontare quasi ogni giorno. Nonostante la mancanza totale di autostima e di capacità di pensare, c’è chi, tra loro, tenta la fuga, anche se pochissimi riescono realmente a scomparire nel nulla, senza essere ripresi dai bianchi e puniti poi con morti violente e atroci. La mamma di Cora è fuggita ormai alcuni anno fa e nessuno è stato in grado di trovarla: ce l’ha fatta, ma ha lasciato dietro di sé la figlia, sola ad affrontare le pene della schiavitù, ben presto reietta e tacciata di pazzia. Cesar le si avvicina però e le chiede di scappare insieme a lui: è sicuro che anche lei, come la madre, sia in grado di affrontare una fuga con successo.

Negli Stati Uniti opera una misteriosa ferrovia sotterranea, gestita da bianchi e neri insieme, per aiutare i neri a fuggire dal Sud schiavista, verso il nord libero. Il percorso è però complicato e prevede diverse tappe, ognuna piena di pericoli. Nessun luogo è realmente sicuro, i cacciatori di schiavi arrivano ovunque e la maggior parte dei bianchi considera i neri poco più che bestie da soma, pronte a levarsi contro di loro. Per questo tentano in tutti i modi di tenerli sottomessi, se necessario anche sterminandoli.

Sorprende l’attualità della storia di Cora e dei suoi compagni di viaggio, nonostante sia ambientata nella prima metà dell’800. La sottomissione, le torture, il binomio nero uguale cosa e persino il bisogno di sterminio di una razza intera ricordano la Shoa, ma non solo: non mancano di certo, negli ultimi decenni, esempi di minoranze cui è riservato un destino tanto crudele. E non è forse lungo e rischiosissimo il percorso di fuga dei migranti dei nostri giorni? E una volta qui, non sono forse sfruttati, emarginati e scacciati? L’Europa, così come l’America, non sta costruendo muri per impedire a popolazioni in fuga da guerre e carestie di mischiarsi a noi bianchi occidentali per vivere in libertà? La nostra è paura o malvagità? Difficile dirlo, così come labile è il limite tra la crudeltà e il terrore degli abitanti della Carolina del Nord, che impiccano in piazza i neri e chi li aiuta. I bianchi sono terrorizzati all’idea di perdere la loro superiorità e di dover rinunciare a tutte le comodità e ai privilegi che si sono guadagnati con la prepotenza e la violenza.

Ecco allora che, nonostante le premesse, La ferrovia sotterranea non ha niente di fantastico… o meglio, ha un che di distopico – ce l’ha sicuramente in Carolina del Sud, ma non voglio svelare niente a chi non ha ancora letto il libro – (o è la realtà a somigliare troppo a una distopia, a volte?), ma per lo più è realissimo, è vero, razionale. E leggendo il libro di Whitehead penso sia inevitabile chiedersi come sia possibile che la popolazione bianca americana ne sia uscita completamente indenne da quel secolo di schiavismo. Non gli è mai stato chiesto di rispondere delle atrocità inconcepibili che ha inflitto quasi per diletto alle genti strappate dal continente africano per poter lavorare nei loro campi o nelle loro case a suon di fruste, stupri e percosse. Nessuna commissione internazionale o campagna umanitaria che rivanghi quel passato, non molto lontano, di disumanità. Per fortuna però Whitehead ci lascia anche la speranza; c’è infatti chi decide di mettere in pericolo la propria vita per battersi per una causa in cui crede. Persone che credono nei diritti, nell’uguaglianza e nella libertà e per questo non vogliono piegarsi al razzismo spietato della massa. E questo doppio coraggio è bellissimo e pieno di forza: da una parte quello di chi, come Cora, non ha niente e si alza per pretendere il pezzettino di vita che le spetta per diritto di nascita e dall’altra quello di gente come Sam, che potrebbe vivere in tranquillità perché bianco, ma che perde invece ogni diritto schierandosi dalla parte dei deboli, per aiutarli a trovare la libertà.

Ma Cora è anche una donna e per questo forse è ancora più straordinaria la sua fuga, lei da sola in mezzo a tanti uomini, ma anche ad altre donne pronte a denunciarla alle autorità e vendere la sua libertà. Una storia potente e una prosa meravigliosa, che ti catturano e non ti lasciano più fino alla parola fine.

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Nessuna risposta

  1. Erica ha detto:

    Sai che ero convinta che fosse una distopia a tutti gli effetti?
    Pensi che il libro tratti la tematica in maniera diversa o da un altro punto di vista rispetto ad altri libri sullo schiavismo?

  2. la Sere che legge ha detto:

    Ciao Erica,
    No, di distopia in realtà c'è poco… è davvero molto realistico. Purtroppo non so farti confronti… è la prima volta che leggo un libro sul tema dello schiavismo. Comunque ti posso dire che è proprio molto bello. 🙂

  3. Eugenia Borghi ha detto:

    Un libro che entrerà sicuramente in casa mia. Tra l'altro credo che abbia preso anche il Pulitzer.
    Grazie Serena

  4. la Sere che legge ha detto:

    Sì Eugenia, sia il Pulitzer che il Man Book Prize ed è veramente una bellissima lettura che ti consiglio vivamente! 🙂

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