MESSNER. LA MONTAGNA, IL VUOTO, LA FENICE

Messner

Scheda del libro

TITOLO: Messner, la montagna, il vuoto, la fenice
AUTORE: Michele Petrucci
EDITORE: Coconino Press – Fandango
ANNO: 2017
PAESE: Italia
TRAMA: Michele Petrucci ha scritto una biografia a fumetti in collaborazione con Messner stesso: i primi avvicinamenti alla montagna ancora piccolo, gli ottomila, le spedizioni in alcuni degli ambienti più desolati del Pianeta e infine i musei della montagna, sparsi per le Dolomiti. Una vita scandita da una serie di sfide, auto-imposte, volte a misurare i propri limiti.

Le mie riflessioni

Nato da un incontro tra Michele Petrucci e Reinhold Messner , il libro ripercorre la vita di quest’ultimo attraverso le principali spedizioni, fino a giungere ai progetti odierni che lo vedono prima creatore e poi direttore di un intero sistema museale dedicato alla montagna. Ascese, imprese tra ghiacci e lande sperdute sono in realtà un’occasione per parlare della filosofia di vita di Messner stesso e della forza che da sempre lo anima.

Il libro è diviso in tre capitoli, che corrispondono a tre diverse fasi della vita di Messner: la montagna, il vuoto e la fenice. Primo al mondo a scalare i quattordici ottomila del pianeta, si è poi misurato con fallimenti e successi tra i due Poli e il Deserto del Gobi, in Mongolia, dove più che mai ha messo se stesso davanti alla solitudine estrema. Superati i sessant’anni, oltre a scrivere libri e organizzare conferenze, si è reinventato ancora una volta pur rimanendo sempre concentrato sulla montagna e ha quindi aperto il Messner Mountain Museum.

L’amore per la roccia e le cime nasce già nell’infanzia vissuta in Val di Funes, che è racchiusa tra i monti. A cinque anni i genitori lo portano sulle Odle e a un certo punto il panorama si apre, lasciando spazio alle valli circostanti.

«Il mondo si è fatto improvvisamente più grande»

Più o meno a quegli stessi anni risale anche il forte legame con Günther, il fratello minore, con cui comincia subito a scalare. La montagna è già il loro regno e giovanissimi entrano nella cerchia degli alpinisti estremi, che mirano all’impossibile, ingrediente – l’impossibile –  necessario, insieme al rischio, per vivere l’avventura. I due fratelli non sono a caccia di record e si danno una sola regola:

«Tentare, fallire e ritentare»

E Reinhold è pronto ad applicarla alla vita intera. Non lo fermano la perdita del fratello sul Nanga Parbat, né l’amputazione di sette dita dei piedi, che avrebbe dovuto impedirgli di tornare a scalare ma non l’ha fatto, né ancora il fallimento della spedizione in Siberia… niente. Tenacia e forza lo accompagnano in ogni nuova fase, dalle vette, ai deserti, ai musei. Ogni sconfitta è solo un pezzetto del puzzle di cui è costituita la vita e con impegno e costanza si rimette ogni volta in piedi e ricomincia da dove era rimasto, senza mai demordere.

Ma c’è qualcos’altro che il grande alpinista continua a rincorrere: la solitudine più estrema, che inevitabilmente lo mette in contatto con la parte più profonda di se stesso. La ricerca in città e la trova in alta quota o nelle lande desolate, dove è circondato solo dal vuoto.

«Cammino per ore in una città qualunque per imparare a rendere più sopportabile la solitudine, mescolandola a quella degli altri»

Ed è forse prerogativa dell’uomo di montagna questa ricerca quasi ascetica, che non si allontana infatti molto da quella di Pietro ne Le otto montagne di Paolo Cognetti.

«Quel che dovevo proteggere, in me, era la capacità di stare solo. C’era voluto del tempo per abituarmi alla solitudine, farne un luogo in cui potevo accomodarmi e stare bene; eppure sentivo che tra noi il rapporto era sempre difficile.»

Anche lui la rincorre; talvolta la trova, poi la scaccia, per poi ricominciare a cercarla.

Altra prerogativa dell’uomo di montagna dovrebbe essere (ma purtroppo non sempre è) il rispetto per la natura. In Messner questo è forte, tanto che tenta di lasciarla invariata al suo passaggio: la sua traversata dell’Antartide non prevede nessun cane sacrificato (contro i 34 di chi aveva tentato l’impresa prima di lui), non usa una jeep per percorrere il Deserto del Gobi, né chiodi a espansione per scalare le vette. Quanto più possibile affronta le sue imprese con le proprie forze e con un bassissimo impatto ambientale.

Le tavole di Michele Petrucci sono un vero piacere per gli occhi e invitano a osservarle da vicino e a lungo, per coglierne tutte le sfumature. Certamente influisce il mio grande amore per la montagna e il fascino che la figura di Messner ha sempre esercitato su di me. Ma qui c’è molto di più: i giochi di luce, le sfumature dei cieli e delle distese di ghiaccio o sabbia delle ambientazioni in Antartide e nel Deserto del Gobi sono esaltati dalla tecnica ad acquerello e non sarebbero altrettanto efficaci se fossero fotografie.

Messner
1989 – Spedizione in Antartide

Il formato panoramico prevale nel capitolo centrale, con le strisce in orizzontale che talvolta sconfinano nella pagina affianco, per dare maggior risalto all’ambiente piatto che si perde all’orizzonte.

Messner
2004 – Spedizione nel Deserto del Gobi
Messner
2004 – Spedizione nel Deserto del Gobi

Al contrario, la montagna è tutta in verticale, con strisce particolarmente suggestive che ne esaltano le altezze.

Messner

L’ultimo capitolo, in cui si torna a casa, tra le montagne dell’infanzia, lo schema diventa più regolare, con strisce quadrate e sufficientemente ampie da dare spazio ai dettagli.

Le immagini sono poi accompagnate dalla voce di Messner che racconta, ma semina anche, qua e là, il suo pensiero a mo’ di aforismi profondi di grande risonanza, quasi si trattasse di poesia.
La narrazione non segue un andamento cronologico e salta invece da un anno all’altro, in una struttura che, all’interno di ogni sezione, potrebbe definirsi circolare: si apre con un’evento che viene però interrotto per essere poi ripreso poche pagine più in là e raccontato fino in fondo.
La lettura richiede quindi una buona concentrazione, per non accavallare le imprese e ricostruire, almeno mentalmente, uno schema lineare della vita di Messner, ma anche per assimilare le citazioni dell’alpinista e apprezzare fino in fondo gli acquerelli. La figura di questo grande uomo, di grande spessore e dai forti valori, in queste pagine è ancor più valorizzata e non può che suscitare una grande curiosità e voglia di approfondirne la conoscenza.

Potrebbero interessarti anche...

Nessuna risposta

  1. Eugenia Borghi ha detto:

    😀 meraviglia delle meraviglie

  2. la Sere che legge ha detto:

    Confermo Eugenia… un libro molto bello.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *