MELODY ** RAGAZZI

Melody

Scheda del libro

TITOLO: Melody
AUTORE: Sharon M. Draper
EDITORE: Feltrinelli
ANNO: 2010
PAESE: Stati Uniti
ETÀ: dai 12 anni
TRAMA: Melody ha quasi 11 anni e non ha mai detto una parola. A causa di una paralisi cerebrale non cammina e non parla, è costretta sulla sedia a rotelle, ma è estremamente intelligente. Nel corso del libro leggiamo quelli che sono i suoi pensieri, che vorrebbe tanto dire a voce alta, ma che purtroppo non escono dalla sua mente. A casa la mamma, il papà, la sorellina e la Signora V. le sono sempre accanto, mentre a scuola non è per niente facile farsi accettare dai compagni e sentirsi parte del gruppo.

Le mie riflessioni

Da un po’ ero attratta dalla bellissima copertina di Melody, ancora prima di sapere di cosa parlasse, poi ho letto la trama e mi sono decisa.
Vincitore del Premio Andersen 2016 per la categoria Miglior libro oltre i 12 anni, trascina il lettore nella mente di questa bambina di quasi 11 anni, costretta su una sedia a rotelle, incapace di formulare parole, ma che in testa ha un fiume in piena di vocaboli, frasi e pensieri. E la sua “voce” arriva dritto al cuore!
Ed è proprio la voce interiore di Melody che ci racconta la sua storia, con forza e qualche volta un tocco di leggerezza. Pagina dopo pagina sappiamo quindi cosa le passa per la testa, cosa prova, cosa sente e soprattutto cosa vorrebbe dire a chi la circonda. E immedesimandosi in lei è difficile frenare il senso di claustrofobia, quasi una sensazione di soffocamento, davanti a tanto silenzio forzato.  Melody dentro nasconde infatti una mente brillante, intelligente, dotata di un’incredibile memoria e di uno spiccato senso dell’humor.
Ci ritroviamo a gioire insieme a lei delle piccole conquiste che pian piano riesce ad ottenere e che la fanno sentire ogni volta un po’ più normale. Perché in fondo è proprio questo il suo più grande desiderio: essere normale.
Molto è dovuto all’arrivo della Signora V., la vicina di casa che le cambia radicalmente la vita. Nel corso del tempo le insegna infatti moltissime cose, mettendole a disposizione un intero sistema di comunicazione su misura, che le permette di relazionarsi agli altri, seppur ancora in modo incompleto. Lontana da pietosismi e vittimismi, la Signora V. non l’abbandona mai, né smette di credere nelle sue grandi potenzialità, trasmettendole così grande sicurezza.
Poi ci sono mamma e papà, che si preoccupano per lei, la coccolano e al tempo stesso non permettono che venga umiliata nel mondo oltre la porta di casa. La mamma è la mamma: tenera, apprensiva quanto basta e pratica. Il papà invece è certamente un po’ più imbranato nelle cose di tutti i giorni, ma è divertente, scorreggione e canta con una voce bellissima. Verso la fine arriva anche Penny, la sorellina giocherellona che mano a mano impara a fare tutte quelle cose che Melody non potrà mai fare.
In casa tutto bene quindi… ma fuori? Potrà relazionarsi con gli altri bambini? E loro la capiranno? L’accetteranno? Certo per Melody non è facile integrarsi nel gruppo, perché non parla, non cammina… e perché è strana. In classe c’è chi la prende in giro, chi la considera appena e chi ci prova anche ad esserle amica, rischiando però di compromettere la propria reputazione. Eh sì, perché sentirsi parte del gruppo è importante per tutti, non solo per la nostra protagonista, e spesso prevede un percorso per niente semplice. La stessa Rose, che per un attimo sembra essere sua amica, dovrà prendere una scelta: Melody o il gruppo. Cosa sceglierà? Be’, questo lo lascio scoprire a voi.
Mentre leggevo mi sono trovata invece a chiedermi come mi sarei comportata io davanti a questa bambina in sedia a rotelle, se sarei stata capace di trovare il modo di comunicare con lei o se, come alcuni insegnanti e compagni di classe, mi sarei limitata a fuggire davanti alla mia stessa difficoltà. Perché è indubbio che la disabilità, così come ogni altra diversità, spesso ci spaventa e forse è proprio perché temiamo ci manchi il giusto linguaggio, spoglio di quei costrutti che siamo abituati a usare per comunicare e senza i quali rischiamo di sembrare dei pesci fuor d’acqua. E invece chissà, forse sarebbe sufficiente essere noi stessi e lasciarci andare: tante volte un sorriso, un gesto possono significare molto di più di un fiume di parole.

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