UNDICI TRENI
Scheda del libro
TITOLO: Undici treni
AUTORE: Paolo Nori
EDITORE: Marcos y Marcos
ANNO: 2017
PAESE: Italia
TRAMA: Baistrocchi riceve per email quindici file vocali di Stracciari, in cui il vicino di casa gli racconta di come è diventato Stracciari, di come è arrivato a Bologna e di come registra i silenzi.
Le mie riflessioni
Nuovo romanzo di Paolo Nori: dopo una prima tappa milanese, presentazione prevista per Bologna. Non posso certamente esimermi dall’assistere, anche solo per il piacere di ascoltare la sua lettura, che riesce sempre a regalarmi sorrisi ed emozioni. Ammetto che era da un po’ che non leggevo niente di suo; mi ero fermata a Manuale pratico di giornalismo disinformato, che, decisamente, non era stato uno dei miei preferiti, ma sono bastati pochi minuti di presentazione per farmi decidere di acquistare il libro e di tuffarmici dentro quanto prima.
Ritroviamo Ermanno Baistrocchi, che i lettori assidui già conoscono dagli ultimi romanzi di Nori, che qui però non è il vero protagonista – colui che inevitabilmente quasi tutti associamo all’alter ego dell’autore stesso, che racconta di aver fatto le cose che verosimilmente fa Paolo Nori, nonostante lui abbia più volte negato di scrivere storie autobiografiche – ma è invece il suo vicino di casa. E questo Stracciari, il nuovo protagonista, sarà dunque di fantasia o esisterà davvero? Ecco, per la prima volta credo che sia inventato. Non so cosa sia con esattezza, ma tra queste pagine mi sembra di assaporare un gusto diverso dai libri precedenti, quelli con Learco Ferrari o con Ermanno Baistrocchi che raccontano di fare cose alla Paolo Nori, per intenderci. Forse è che, come lui stesso ha affermato alla presentazione, sta lavorando sulla trama, che qui appare ben definita e, seppur con tanti salti e divagazioni, ha un inizio e una fine e succedono anche delle cose, che non è per nulla scontato nei suoi libri, in cui spesso accade poco o nulla. Insomma, Undici treni ha persino del giallo, non manca una certa dose di suspense e di mistero, che si snoda solo nel finale.
Ma al di là delle novità, nei libri di Paolo Nori riesco sempre a sentirmi a casa, ritrovando ogni volta tra le sue pagine quell’ironia un po’ sbruffona, che mi fa ridere da sola, su certe debolezze umane e su questioni seriose, che altrimenti è più facile che producano sbadigli che non ilarità. Senza falsa retorica e soprattutto senza cadere nella banalità, gioca infatti con la lingua italiana, quella scritta e quella parlata, e ne prende in giro l’uso che ne facciamo, inducendoci a rifletterci su. Dalle espressioni parassite, la cui lista sta via via assumendo dimensioni quasi inverosimili (qui la elenca per intero, occupando due pagine e mezzo), ma per questo ancora più comica e al tempo stesso inquietante; alle riflessioni sull’uso del gerundio inglese in –ing, che nel corso del libro applica agli ambiti più disparati. Insomma, anziché tirare fuori la solita solfa – che sa già di vecchio persino a me, che non sono più una fanciulla, figurarsi alle generazioni più giovani – contro l’uso sempre più frequente di parole inglesi per esprimere concetti che abbiamo già in italiano, va avanti per diverse righe parlando di caffèing, funiviìng, refuging e via dicendo, e vi posso assicurare che il concetto arriva forte e chiaro e finisce che ti ritrovi anche tu a inventarti mille altre parole in –ing da usare per il resto della giornata e prenderti beffa dei tuoi stessi inglesismi.
Tra le pagine di Nori non mancano mai neanche le citazioni, sempre cólte e spesso di provenienza russa, ma non solo. Tra gli autori più ricorrenti troviamo sicuramente Daniil Charms, Raffaello Baldini o Daniele Benati con Opere complete di Learco Pignagnoli, ma qui ne compaiono tanti altri e uno in particolare mi ha colpita: Fredrik Sjöberg e il suo secondo libro, pubblicato in Italia l’anno scorso da Iperborea. Dicevo, appena ho letto il nome mi sono stupita; mi è suonato strano per lui questo riferimento, lontano dal terreno da cui solitamente attinge. Poi però mi sono ricordata che tempo fa avevo letto questo post sul suo blog, in cui racconta di aver presentato lui stesso, più volte, Sjöberg in Italia, che alla fine gli ha persino assegnato l’appellativo di «my Italian groupie». E questa cosa mi aveva fatto ridere, perché io mi definisco spesso una groupie di Paolo Nori e pensare che lui, a sua volta, lo sia di un autore-etmologo svedese… be’, è certamente particolare. In ogni caso mi sono detta che dovrò sperimentare meglio anch’io questo Sjöberg e dovrò quindi decidermi a riprendere in mano L’arte di collezionare mosche, in pausa già da un po’.
In contrapposizione alle citazioni cólte c’è però Stracciari, che in un qualche modo controbilancia i russi e gli svedesi, con la sua ingenuità e la sua semplicità, chiamando “comici” tutti gli scrittori e poeti, riportando le citazioni di Baistrocchi senza mai sapere a chi riferirle, registrando i silenzi e riprendendo i cartelli in giro per la città. E proprio dietro alla spontaneità di certi suoi pensieri si cela una grande profondità, dietro ai sorrisi che ti strappa con certe uscite, c’è una verità che finisci per portarti dentro per giorni e giorni. Come quando ti viene in mente la storia dei Dogon, mentre sei per strada. A un certo punto superi un’auto e ti ritrovi in viso un’espressione come a dire «Guarda che io ho superato tante di quelle macchine, in vita mia, che te neanche te l’immagini» e poi all’improvviso ti rendi conto che quella macchina lì, sulla fiancata, ha un adesivo enorme con sopra scritto Autoscuola. Ecco, è proprio a quel punto che pensi ai Dogon e ti senti anche un po’ scema.
Insomma, Paolo Nori riesce a farmi pensare a tutte queste cose, con la voglia di leggere altro, imparare e ragionare… e tutto con il sorriso sulle labbra.
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