LA CASA
Scheda del libro
TITOLO: La casa
AUTORE: Paco Roca
EDITORE: Tunué
ANNO: 2016
PAESE: Spagna
TRAMA: A un anno dalla morte del padre, José, Vicente e Carla si ritrovano nella casa di campagna che era stata dei genitori, per sistemarla e poterla così mettere in vendita.
Le mie riflessioni
Che emozione quando, a fine settembre, ho ricevuto il mio primo regalo di compleanno, partito da Madrid, passato per Parigi e infine arrivato a Bologna. Tutto merito della mia amica O. che mi ha spedito La casa di Paco Roca, in versione originale (edito da Astiberri). Con l’inglese non me lo posso sempre concedere (non con qualunque autore, quanto meno), ma con lo spagnolo, che padroneggio decisamente meglio, mi sembra un grandissimo peccato leggere in traduzione e allora sono sempre alla ricerca di qualche anima gentile che recuperi libri per me, durante i suoi viaggi.
Come nel precedente Rughe, le pagine scorrono piene di tenerezza e malinconia. Ne La casa, Paco Roca fa i conti con la perdita del padre e con il vuoto e la responsabilità che ciò lascia dentro di lui. Ci riesce senza appesantire la lettura, trattando anzi il tema con una delicatezza tale da dar vita a una vera e propria poesia a fumetti.
È passato ormai un anno dalla morte del padre, quando i tre protagonisti decidono di ritrovarsi nella casa delle vacanze, dove hanno trascorso insieme tante estati. Tre fratelli: Vicente, il maggiore, responsabile e serio fino all’estremo; José, l’artista, con la testa tra le nuvole, agli occhi di molti un inconcludente e un inaffidabile; infine Carla, la più piccola, sensibile ed emotiva, particolarmente legata al padre e iper-protetta dai fratelli. La relazione tra di loro è tesa; ognuno è barricato dentro al proprio ruolo, nascondendo così agli altri il dolore e la paura di aver deluso le aspettative paterne. Vicente, apparentemente arrogante e sicuro di sé, sempre arrabbiato e pronto a giudicare il fratello per le sue mancanze, in realtà è un uomo ferito. Come afferma quasi commosso alla moglie, durante gli ultimi mesi di vita, il padre aveva smesso di parlargli, proprio a lui, che l’aveva assistito fino all’ultimo momento, in ospedale. Ma Vicente porta addosso anche il peso di una decisione, forse giusta, ma pur sempre presa senza chiedere il parere ai fratelli. Solo quando racconterà finalmente la verità, potrà rilassarsi e, scendendo dal piedistallo, relazionarsi con loro in modo umano e naturale. Anche José si sente ferito. È convinto che il padre non apprezzasse il suo lavoro come scrittore, non avendo mai ricevuto una parola di incoraggiamento. Ma era proprio così o magari Antonio era semplicemente una persona taciturna e poco avvezza a esprimere le proprie emozioni? Al contrario di José, certo, che, per quanto sia effettivamente spesso distratto e poco pratico, dimostra una grande capacità empatica e una spiccata sensibilità e, in nome di un ricordo, convincerà i fratelli a costruire il famoso pergolato che il padre aveva desiderato per anni. Poi c’è Carla, addolorata per una perdita prematura che non ha ancora accettato. Vede il padre ovunque e non riesce a darsi pace per la sua bambina, che non ricorderà mai il nonno, conosciuto per troppo poco tempo. Unica femmina tra due maschi è stata inevitabilmente sovra-protetta da tutti e ancora ora Vicente fatica a considerarla un’adulta al cento per cento.
Antonio è stato certamente un padre autoritario, d’altri tempi, mi viene da dire: obbligava i figli a lavorare insieme a lui durante le vacanze estive, di poche parole, di pochi incoraggiamenti, ma capace di trasmettere un grande amore. Perché è indubbio l’affetto enorme che i tre fratelli nutrono per lui, ognuno con i propri ricordi, diversi per sfumature e per punti di vista.
È poi interessante vedere come Vicente rivesta lo stesso ruolo autoritario del padre nei confronti di suo figlio Juan, dandogli ordini e richiedendo il suo aiuto con i lavori manuali per la casa. Ma c’è da dire che, al contrario di Antonio, Vicente è estremamente duro e trasmette più antipatia che amore, fatta eccezione per pochi brevi attimi in qua e in là.
In tutto ciò la casa fa da sfondo, una scusa per tornare continuamente al passato e ricordare come ne sono stati tracciati i primi confini, come è stata poi costruita con l’aiuto di tutti, come si è riempita di vita e di calore, per poi, piano piano, svuotarsi e venire quasi abbandonata. Una vita intera dalla nascita alla ri-nasciata, per mano ancora una volta dei figli, che uniscono le forze per mettere insieme i cocci. Un caso che mi trovi tra le mani questa bellissima storia proprio ora, che sono in procinto di partire per la Puglia e consegnare le chiavi di una casa che, come quella di Paco Roca, è nata, è cresciuta, si è riempita tante volte di schiamazzi e risate e poi è rimasta vuota per anni. E allora tutta questa poesia e questa sottile nostalgia che mi rimane tra le dita, la dedico proprio a quelle mura spesse, a quel giardino di fichi, mandorli e limoni che sto per lasciarmi alle spalle… a quel meraviglioso nascondiglio dove rimarranno per sempre custoditi i ricordi di un nonno in pantaloncini corti che aspetta impaziente il figlio e le due nipotine per le vacanze e una nonna intenta a ricamare sulla soglia.
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